Prefazione al volume 2009 PDF Stampa E-mail

Il ricovero ospedaliero è uno dei possibili modi in cui avviene l’incontro fra la domanda sanitaria espressa dalla popolazione e l’offerta di assistenza. Le SDO, cioè le schede di dimissione ospedaliera, fotografano questo incontro e contengono un’enorme base di conoscenza, con cui è possibile tentare di comprendere i bisogni sanitari (domanda) e le modalità di risposta dei servizi ospedalieri (offerta).

Di questo mondo il precedente Atlante ERA aveva già proposto una propria lettura, richiamando l’attenzione sul fatto che circa 15 milioni di persone, pressoché tutti residenti nelle Usl del centro-sud, presentavano un rischio di passare un giorno in ospedale di quasi il 45% più elevato di ulteriori 18,5 milioni di persone, in toto residenti nelle Unità sanitarie del centro-nord. Poiché sembrava difficile attribuire differenze così marcate al versante di una domanda di salute così strutturalmente divaricata, questa edizione di ERA è finalizzata a cercare nelle modalità della risposta assistenziale ospedaliera, sia in regime ordinario che in day hospital, un ragionevole terreno di approfondimento.

Ma in che direzione? Il termine “evitabile”, che per oltre un decennio ha impegnato il gruppo realizzativo di ERA sul fronte della mortalità, ha costituito un primo, naturale, spunto conoscitivo su cui fondare la ricerca: appariva di grande interesse tentare un esame, guidato dalla letteratura scientifica sull’argomento, delle possibilità di intervento per ridurre, ove possibile, alcune quote dei ricoveri ospedalieri. Un secondo spunto, anche questo fortemente radicato nel bagaglio degli strumenti elaborati da ERA, è un approccio di analisi tipicamente condotto avendo a riferimento la popolazione residente e non il luogo di cura. In ospedale va il malato ed è il particolare luogo di cura che ne definisce le caratteristiche di ricovero, naturalmente. Ma l’analisi che segue ha l’obiettivo di mantenere al centro dell’attenzione delle politiche sanitarie le popolazioni residenti nei diversi territori italiani, che esprimono la loro domanda di assistenza in funzione degli stili di vita e dei livelli di rischio in cui vivono e che costituiscono quindi un riferimento imprescindibile per un corretto dimensionamento dei servizi e delle attività di assistenza.

Come accennato i dati sui ricoveri non sono propriamente dati di stato di salute (cioè riflesso puro e semplice del fronte della domanda) ma neanche meri dati di offerta (cioè unicamente indice del potenziale di risposta dei servizi ospedalieri). L’evento ricovero è piuttosto la risultante di entrambi i versanti e quindi il confronto dell’intensità dell’assistenza ospedaliera per abitante permette di delineare due scenari distinti ma complementari:

• quello che mette a fuoco i bisogni sanitari della popolazione, per modulare conseguentemente i relativi livelli di assistenza (non solo ospedalieri);

• oppure quello che mette a fuoco le modalità dell’offerta ospedaliera, data la domanda sanitaria espressa, per tentare di indagarne elementi di appropriatezza nel senso più ampio che si può dare a questo termine.

Appare utile proporre al dibattito delle scelte di politica sanitaria, perciò, non tanto una analisi a scapito dell’altra, ma piuttosto l’evidenza argomentata di una maggiore attenzione/criticità dell’un versante rispetto all’altro in alcuni specifici territori, perché le focalizzazioni, pur convergendo sullo stesso obiettivo - una risposta sanitaria appropriata e correttamente dimensionata alle necessità della domanda - richiedono di volta in volta strumenti di conoscenza molto differenti, che vanno dalla programmazione degli interventi per affrontare una emergenza sanitaria alla predisposizione di piani di rientro dai disavanzi accumulati, per citare due casi estremi rispettivamente orientati dalla domanda e dall’offerta.

L’Atlante che segue vuole essere un contributo per aiutare a comprendere, attraverso un patrimonio conoscitivo vasto ed articolato come quello delle schede di dimissione ospedaliera, alcune priorità e, come consuetudine per la tradizione che rappresenta, un utile e accessibile supporto volto ad agevolare le riflessioni ed eventualmente le decisioni di politica sanitaria dei diversi livelli di governo locale, regionale e nazionale.

Dal punto di vista della pianificazione concettuale dell’Atlante va sottolineato come, nel caso della ospedalizzazione, siano possibili diverse accezioni di “evitabilità”, ciascuno caratterizzato da una propria finalità analitica:

• l’ospedalizzazione inappropriata, quella che cioè potrebbe essere “evitata” attraverso un migliore uso di altre articolazioni del sistema sanitario pubblico, differenti dall’ospedale in senso stretto, come ad esempio l’assistenza territoriale e quella riabilitativa

• gli errori ospedalieri, con riferimento quindi non a possibilità alternative ma ad un più corretto uso dello strumento ospedaliero stesso

• l’ospedalizzazione prevenibile, che potrebbe essere ridimensionata contrastando alla radice le cause che danno luogo al ricovero, ad esempio riducendo gli incidenti sulla strada e sul lavoro o migliorando gli stili di vita della popolazione

• ed infine l’ulteriore ospedalizzazione in eccesso, cioè quella che   pur non essendo ravvisabile, su base dei parametri offerti dalla letteratura scientifica, nelle tre categorie precedenti   assume comunque intensità che fanno ragionevolmente ipotizzare, su basi epidemiologiche, dinamiche nelle quali è l’offerta a creare la propria domanda piuttosto che rispondere ad essa.

Nel caso della ospedalizzazione evitabile, forse per la vastità dell’argomento e per gli approcci profondamente differenti di ciascuna linea di indagine, è risultato difficile rintracciare in letteratura una sistemazione organica di tutte le diverse accezioni appena citate, come invece è storicamente avvenuto per la mortalità evitabile:

- quasi la totalità degli studi tendono a concentrare specificamente l’analisi sulla appropriatezza del ricovero in relazione a possibili soluzioni assistenziali alternative all’ospedale;

- il tema degli errori ospedalieri occupa una specifica e ampia branca di ricerca e impegno, tuttavia distinta dagli scopi percorribili da uno studio centrato su informazioni desumibili delle SDO analizzate con criteri di benchmark;

- non è stato invece possibile rintracciare studi applicativi volti a quantificare l’ospedalizzazione prevenibile o quella in eccesso a partire, di nuovo, da evidenze di confronto territoriale.

L’Atlante che segue cerca quindi di disegnare, a titolo sperimentale e scontando una certa originalità di iniziativa, un quadro composito della “evitabilità” della ospedalizzazione, attraverso quattro diversi tagli conoscitivi:

• l’ospedalizzazione generale, utile in termini di inquadramento e che richiama l’attenzione su comportamenti di ricovero che paiono in alcuni casi anche fortemente orientati da esigenze e consuetudini di offerta piuttosto che da palesi differenze negli stati di salute della popolazione; si tratta di una misura grezza, che raccoglie in sé il segnale di tutte le diverse tipologie sopra elencate e sconta conseguentemente come contributo conoscitivo quello di primo segnale di attenzione;

• l’ospedalizzazione potenzialmente inappropriata, cioè la sezione della ospedalizzazione generale che può essere identificata e di conseguenza contrastata ponendo sotto osservazione quelle cause di ricovero per le quali la ricerca scientifica valuta generalmente più opportune risposte sanitarie diverse dall’ospedale in senso stretto;

• l’ospedalizzazione potenzialmente prevenibile, identificata nei ricoveri che potrebbero essere significativamente ridotti attraverso politiche di prevenzione volte ad eliminare all’origine le cause che determinano il ricovero;

• un numero limitato ma ritenuto meritevole di attenzione di procedure cliniche a rischio di inappropriatezza, per le quali la letteratura scientifica suggerisce non tanto l’errore umano, che come accennato è difficile rintracciare dal mero esame delle SDO, quanto piuttosto una evidenza di attenzione epidemiologica; il caso più evidente e rilevante di questa sezione è il ricorso al parto cesareo, che di per sé è una pratica clinica corretta, ma quando assume frequenze relativamente intense denuncia la possibilità di prassi cliniche orientate da logiche differenti dal bisogno assistenziale espresso dalla partoriente.

Il Gruppo di lavoro ERA

«indietro»